Qual è il punto di vista dell’educatore esterno alla scuola? Quali sono alcuni degli esempi virtuosi di cooperazione tra insegnanti ed educatori? Come evitare che le esperienze laboratoriali si perdano quando l’educatore esterno lascia la scuola? M. Aiello e S. Collizzolli hanno documentato molti progetti di didattica attiva su tutto il territorio nazionale. È una didattica dove non si fa una distinzione netta tra materie classiche e vita reale, perché “il mondo e’ tutto unito, non e’ che ci sono pezzi che parlano solo di scienze, storia o geografia, e’ tutto un malloppo riunito”, come dicono i bambini nel documentario Radio Freccia Azzurra, la radio dei bambini e delle bambine (Radio Tre, TreSoldi, 2016). La didattica attiva è intesa come “Fuori Classe”, ossia fuori da un approccio frontale. In queste esperienze è facile incontrare bambini che trattano di temi filosofici o di questioni sociali, che esplorano boschi o che insegnano a loro volta ad altri adulti. Per chi fa educazione attiva, queste esperienze fanno parte di una normalità. Per chi non le ha mai sperimentate, queste attività possono spaventare o spaesare.
M. Aiello e S. Collizzolli si muovono tra diverse esperienze per raccontare la magia e le criticità di alcune esperienze. Da una parte, è indubbio che, soprattutto nei laboratori più interessanti, l’atelierista concorra alla formazione didattica ed emotiva dei bambini. Dall’altra, è laddove l’insegnante riesce a cooperare con l’atelierista, e a potenziare il suo lavoro una volta che egli lascia la scuola, che avvengono i risultati più sorprendenti. Solo l’insegnante, infatti, può fare in modo che un atelier diventi parte della “normalità” della classe e non sia estemporaneo.
L’atelier porta sempre un valore aggiunto all’interno della classe: i ragazzi riconoscono la professionalità adulta in una forma di eccellenza che non possono avere gli insegnanti; l’atelierista ha un’autorevolezza che non ha bisogno dei canoni formali messi in atto dall’insegnante; inoltre, l’atelierista legge e osserva in modo non valutante, legge più facilmente i talenti, rivela le potenzialità dei singoli e dà loro spazio.
Cosa succede però quando l’esperto termina il suo intervento? Come fare per sfruttare le potenzialità dei laboratori oltre e dopo la partenza dell’atelierista e delle sue competenze?
I progetti documentati abbracciano la cultura del fare, del sentire, dell’uso del corpo, dei sensi e del pensiero, veicolano la cultura dei linguaggi artistici; sono progetti che accettano il rischio della sperimentazione, la cultura di saper affrontare le incertezze e i rischi che vengono affrontati attraverso il fare pensato. Fare scuola “Fuori Classe” è metafora di movimento, di indagine e condivisione dei saperi. Significa anche dare il giusto spazio all’emotività, all’intimità, alla scoperta di sè e della propria realtà. Significa contestualizzare il sapere e cercare di agirlo.